Parte terza
La ricostruzione del significato: 1945-56
Dall’unité d’habitation alla Sidney Opera House
12.Eticità e Brutalismo
Ripensare
1945: Un mondo da ricostruire per
i vincitori, ma senza abbandonare i vinti a se stessi.
L’architettura e gli architetti
si inseriscono in un clima di azzeramento ponendosi la domanda “Su quali basi
ricominciare?”. Le conquiste fatte sino a quel momento ritenute positive, si
sono rivelate armi di distruzione.
Si ripensa all’Esistenza ponendosi domande fondamentali come l’Essere e
il Nulla.
La quantità e qualità
In questo contesto ci si pone la domanda sul significato.
Quali valori perseguire e come questi diventano esplicativi nel progetto e
soprattutto come le nuova scoperte non porteranno verso una nuova distruzione.
La risposta alla domanda è da
ricercare nella “Pianificazione urbanistica” come centro di ogni azione. A
Londra si recuperano idee di de-localizzazione e di città giardino per proporre
new towns autonome.
Quest’attenzione alla pianificazione urbanistica determina un
Azzeramento dell’Architettura.
I principi cardine del
funzionamento internazionale e della Carta d’Atene si applicano a grandi scelte
di ricostruzione della città. In Francia si tenta di inventare sistemi
prefabbricati di costruire per abbassare i costi. In Italia si applicano i
principi del funzionalismo ma poi si cerca di realizzare impianti mossi e
articolati sempre nel rispetto degli standard.
Nonostante questo sviluppo
dell’Urbanistica, come possibile soluzione alla situazione di distruzione, rimane
il problema di coniugare la ricerca architettonica ed espressiva al nuovo
bisogno di significato.
I personaggi chiave sono Le
Corbusier e Louis Kahn.
Architettura come necessità
L’Architettura risponde al
massacro delle fosse ardeatine (Roma, 24 marzo 1994) con un opera che vuole
rappresentare la strage in maniera scientifica (1 soldato tedesco = 10
italiani), vuole esorcizzare il dolore ma non vuole essere un monumento come
tanti.
Il dolore viene innalzato al cielo con tutto il suo peso.
[Mausoleo
fosse ardeatine: pag. 81-82.83 http://www.flickr.com/photos/archimap/page82/]
L’opera è sconvolgente, le bare rappresentano un uomo
divenuto macchina, l’enorme masso posto sopra di esse pesa e schiaccia il
dolore e la luce circoscritta ad un asola indica un orizzonte impossibile,
ridotto a semplice astrazione.
In questo contesto vi è la riconquista di un umanità, non più
della macchina ma dello strazio e della sofferenza. L’uomo non è più macchina, torna tale solo morto e dilaniato.
Bruno Zevi è il compagno di strada del Mausoleo delle fosse
Ardeatine che è un capolavoro di tutta l’architettura del secolo perché apre
la strada a quel sentimento brutale di Ricominciare.
Le Corbusier e la mano alzata
Le corbusier guarda in più
direzioni. Da una parte sente il bisogno di “regolare” e lo fa attraverso il Modulor (un uomo normalizzato ma
mobile), dall’altra si apre ad un rilancio espressivo e lo si vede nella mano aperta.
Questi opposti porteranno
all’Unitè d’habitation.
L’unité e il Brutalismo
L’idea fondamentale di Le
Corbusier è un modello urbano, complesso e integrato, costituito da blocchi
puri e astratti di dimensione conforme per contenere al loro interno i servizi
di prima necessita.
A Marsiglia, il progetto si basa
sulla combinazione di alloggi di varie dimensioni e di servizi compresi in un
unico parallelepipedo. Questa soluzione da forma a principi legati gli uni con
gli altri. Questa macchina da abitare
si appoggia su potenti piloni e determina sulla terrazza una serie di forme
plastiche che danno origine ad un passaggio artificiale.
L’azzeramento del linguaggio
ai minimi termini, l’uso del cemento armato grezzo e al colore puro nelle logge
indica una possibile strada per Ricominciare.
Nasce da quest’opera il termine
BRUTALISMO.
Il simbolo di questa parola sono:
“La scuola media a Hunstanton 1949-54”, di
Alison e Peter Smithson, che rivela i volumi dell’organizzazione
planimetrica, fa vedere gli impianti e
la struttura, mostra i materiali “così come sono”; “l’istituto Marchiondi” a
Milano dove la volontà di essere brutali assume una forza plastica.
Alison e Peter Smithson, scuola media, Hunstanton 1949-54
Vittoriano Viganò, Istituto Marchiondi, Baggio 1953-57
13.Funzioni diverse: Wright, Aalto, Gropius e Mies
La funzione spazio
Lo sforzo di rifondazione di Le
Corbusier e dei brutalisti inglesi, il senso di Ricominciare trovano come
personaggio di massimo spicco Wright che scopre come muovere le sue griglie sul
piano curvo ed ellittico.
Wright pone al centro del proprio operare una ricerca di
corrispondenza tra spazio interno e la funzione attraverso un indagine creativa
e inventiva. Simbolo di questo agire è il Guggenheim di New York.
Frank Lloyd Wright, Museo Guggenheim, New York 1943-59
Il museo su basa sul concetto di Percorso,
sostituendo alle stanze una rampa continua, un percorso che si avvolge attorno
al grande cavo interno e si ripercuote in volumi esterni a conchiglia.
L’edificio
diventa un grande spazio-organo.
Le scelte costruttive, plastiche, dell’organizzazione
espositiva di Wright sono mirate a rafforzate un innovativa modalità di
funzionamento.
Organigramma
Walter Gropius organizza la sua
progettazione in uno sforzo di corrispondenze tra requisiti richiesti dal
programma e le soluzioni architettoniche. Gli organigrammi sembrano riversarsi
nelle planimetri dei suoi edifici.
Questo processo gli permette di
creare opere solide ma lontane dalla domanda di rifondazione di questo periodo.
Aalto ricerca nuove spazialità,
come Wright, ma operando interstizialmente rispetto al tema della funzione.
Così facendo arriva a soluzioni innovative eliminando ogni schematismo da organigramma funzionale dei
suoi edifici. A Boston realizza dormitori studenteschi confrontandosi con
quelli realizzati da Le Corbusier e modificandoli con invenzioni organizzative.
Il risultato è di ordine plastico in quanto i corpi in oggetto danno profondità
e ricchezza all’edificio. Rende più efficciente il meccanismo distributivo ed
il corridoio crea luoghi di incontro.
Aalto realizza 2 opere
neo-intimistiche: il municipio di Saynatsalo” e la propria “casa sul lago” a
Muuratsalo, lavorando su configurazioni primarie come la corte.
La casa è anche ricerca con la
natura. Tutti i rapporti sono giocati sulla mediazione, una sua parola che
diventa “arma di progetto” dalle disposizioni planimetriche al dettaglio.
Il paradigma vincente
Mies abbandona il sistema da lui
creato di creare spazi interconnessi tra esterno ed interno per uno Spazio
indifferenziato. Elabora la teoria del
meno è più.
Lo spazio non è più totale,
fluido, ma universale e assoluto vale a dire indifferenziato, sempre uguale a
se stesso a prescindere dalle situazioni.
La parola chiave di Mies è
spersonalizzare, infatti egli sostiene che non è la funzione a dettare
l’organizzazione della pianta, bensì bisogna fare spazio per qualunque
funzione.
La
funzione per Mies non è ne evento creativo come per Wright, ne quantità da
organizzare razionalmente come Gropius, ne fonte di ricerca di soluzioni come
Aalto, bensì è un dato indifferenziato ed inarticolato.
14.Louis Kahn e le istituzioni dell’uomo
Rifondazione
Louis Kahn basa la usa
architettura sulla domanda di significato e sul bisogno di rifondazione e
azzeramento. Il ragionamento sul funzionamento, la comprensione attenta dei
dati oggettivi del programma determina la forma.
Le domande: istituzione versus funzione
Alla soglia dei 50 anni, Kahn si
rimette in gioco, ponendo alla base del suo operare un investigazione critica,
cerca ragioni, significati, si interroga trovando nuove risposte.
Il significato per Kahn non è
legato all’idea assoluta, all’ottimizzazione funzionale, allo sviluppo di un individuale
invenzione spaziale ma è legata al brutalismo di Le Corbusier nei materiali,
nelle forme austere, nella tensione a ricominciare.
Kahn cerca le ragioni
dell’edificare come un atta sociale e collettivo come segno permanente
dell’uomo.
Kahn individua nel termine “istituzione” la chiave della sua poetica.
Lo usa per indicare i bisogni primari, scandibili dalla società che sono legati
alla forma. È obbligo per l’edificio esprimere questo concetto. Solo dopo aver
concepito la forma è possibile concentrarsi sugli aspetti secondari. La form risponde al perché delle scelte, il
design articola il come.
La forma
segue il significato.
La riscoperta della stanza
Kahn parlando della “pianta
palladiana” descrive come pianta e spazio sono un tutt’uno. Infatti è la stanza
l’origine dell’architettura in quanto
attorno ad essa la funzione trova il suo voler essere.
Louis Kahn, Yale Center for British Art, 1969-74
Le architetture di Kahn a
differenza di quelle classiche, vengono rivestite con materiali duri.
Nei diversi moduli spaziali, la
struttura, la luce, i materiali sono rilevati. Questa operazione associa kahn
ai brutalisti. Il fatto che i diversi ambienti e le diverse componenti della
costruzione persistono nella loro autonomia conferma la necessità dello stare
insieme coesivamente.
La struttura non è più griglia ma
deve sagomare l’invaso. Vengono reintrodotti il valore del muro pieno, del
setto, della colonna, dell’attacco a terra, della copertura non trattandoli
come rigidi sistemi trilitici.
La luce è la materia che rivela la
forma, la direzione svela il valore simbolico dello spazio.
Le opere e il tipo
Il progetto non inizia con lo
studio dei percorsi, della divisione tra zona giorno e notte, diventano
requisiti, esiti di un processo che parte da altre domande.
Il principio della centralità
della stanza lo si vede a Ewing nei “padiglioni delle comunità ebraiche”, nel “museo
di Yale” e nelle “torri laboratori Richards” dove Kahn applica la divisione
tra spazi serventi e serviti.
La ricerca del significato non
porta ad un impianto bloccato ma ad un articolazione delle diverse necessità e
dei diversi momenti dello stare insieme (Chiesa Unitaria). Attraverso
processi di sovrapposizione torna la parola “tipo” che diventa una memoria
storica della geometria.
La
storia torna ad essere ricerca delle ragioni e configurazioni adottate dagli
uomini per stare insieme.
Il buco nero
Per Kahn forma è funzione. Il
progetto è la ricerca di sintesi protesa ad un significato superiore. La
progettazione si trasforma in una ricerca di coesività profonda:
forma è
funzione……è costruzione!
Louis Kahn, Salk Institute, La Jolla 1959-66
15.La liberazione della forma
La costruzione
Nella metà degli anni 50 vi è un
notevole sviluppo del cemento armato precompresso sia dal punto di vista
operativo che di ricerca architettonica.
Il cemento armato viene
considerato un materiale plastico che consente la creazione di forme pregnanti.
La precompressione è una tecnica
che migliora l’efficienza derivata dall’accoppiamento di cemento e acciaio,
consiste nell’esercitare una tensione opposta a quella cui sarà soggetto il
ferro sotto sforzo. È un metodo per diminuire le sezioni e creare forme
dinamiche. La struttura scatolare, puntiforme, fa posto ad una struttura
plastica che sagoma e ingloba gli spazi.
Avviene
la liberazione della forma.
Morandi e Torroja
Torroja ha la capacità di legare
il ragionamento alla forma con la conoscenza delle modalità realizzative e di
calcolo.
L’ingegnere è un creatore che si basa su intuizioni spaziali che
verifica con il proprio sapere. La sua opera e la sua mente illuminano la
realtà con nuova luce.
Il metodo del calcolo permette
all’ingegnere di dare forma concreta alla proprie intuizioni. Non opera per
verifica ma per forma.
Torroja nelle sue opere sfida la
gravità con soluzioni spesso anticonvenzionali.
Eduardo Torroja, Ippodromo Zarzuela, Madrid 1935
Morandi a differenza di nervi che
realizza un architettura rassicurante, realizza opere che danno l’impressione
di crollare da un momento all’altro. Congela l’attimo che rpecede la caduta.
Nel padiglione a Torino
Esposizioni del 1959 è evidente la parola chiave dell’architettura di
Morandi: EQUILIBRIO! Ogni tentativo di distinguere tecnica e arte risulta
vana.
Saarinen: “magie” strutturali
Eero Saarinen, figlio di Eliel
Saarinen, nella “cappella” e nell’ “Auditorium Kresge” a Cambridge crea la
prima costruzione a guscio in cemento armato. Nella “Cranbook Accademy of
Art a Bloomfield Hills” ,invece, pone al primo posto le relazioni tra edificio
e spazio aperto.
La filosofia di Saarinen sembra
essere “per ogni progetto un idea”
affrontando ogni volta il tema ricominciando per nuove strade.
Il “terminal della TWA” fornisce
la spiegazione del suo interesse verso la forma plastica e organica delle
strutture.
Grazie alla presenza di Saarinen,
come giurato, nell’Auditorium di Sydney, la forma si libera nello spazio ma
verrà svincolata dalla funzione.
Jorn Utzon
Utzon ebbe l’intuito,
l’intelliggenza ed il coraggio di fare dell’auditorium di Sydney un simbolo. Il
monumento rappresenta il matrimonio uomo-terra e la tensione simbolica è verso
il cielo, il mare, i venti della baia
Jorn Utzon, Opera House, Sydney 1956-73
L’Opera House interpreta la
tensione allo slancio dinamico attraverso nuove forme.
Utzon oltre ad avere interesse
verso forme naturali del volo è interessato all’uomo nelle sue diverse
manifestazioni sociali. Non va dimenticato che per Hutzon bisogna sostituire un
metodo sperimentale e una ricerca eterogenea di suggestioni alle certezze
ideologiche precedenti.
L’Opera è un simbolo. Vi si
riconoscono gli abitanti, i visitatori, la città, il continente.
I gusci
sono il segno di una liberazione. La loro ragione è forma non funzione.
Un cambiamento di prospettiva
Il tema del significato ha avuto
diversi passaggi. Ha iniziato con la forza drammatica e rifondativa del dopo guerra
(Fosse Ardeatine). Poi è passato per i Brutalisti per arrivare a Mies nello
spazio assoluto e universale e a Kahn che opera un tentativo di coesione
unitaria dell’architettura centrando sull’identità di forma, funzione e
costruzione in una ricercata configurazione archetipo.
In conclusione il processo tende
a liberare la forma in nuove direzioni.
Liberata la forma,
l’architettura ripone al centro del proprio programma il racconto.
Le Corbusier nella “Cappella di
Ronchamp” demolisce tutti i 5 punti enuinciati negli anni ’20. Nel “Padiglione
elettronico della Philips” a Bruxelles mette in scena la prima reppresentazione
multimediale della storia dell’architettura.
Sembrerebbe che il motto di
Saarinien “ad ogni progetto una soluzione” venga preso da Le Corbusier.
In questo periodo non vi è più
una teoria da applicare ma un ipotesi da porre a verifica con i fatti. Ci si
fonda su domande e solo interrogandosi sul mondo e
sulle cose si può cercare il significato.
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