martedì 9 aprile 2013

Architettura e modernità - Dal Bauhaus alla rivoluzione informatica _ PARTE TERZA

tratto dal libro "Architettura a Modernità" Antonino Saggio


Parte terza
La ricostruzione del significato: 1945-56
Dall’unité d’habitation alla Sidney Opera House


12.Eticità e Brutalismo

Ripensare

1945: Un mondo da ricostruire per i vincitori, ma senza abbandonare i vinti a se stessi.

L’architettura e gli architetti si inseriscono in un clima di azzeramento ponendosi la domanda “Su quali basi ricominciare?”. Le conquiste fatte sino a quel momento ritenute positive, si sono rivelate armi di distruzione.
Si ripensa all’Esistenza ponendosi domande fondamentali come l’Essere e il Nulla.

La quantità e qualità

In questo contesto ci si pone la domanda sul significato. Quali valori perseguire e come questi diventano esplicativi nel progetto e soprattutto come le nuova scoperte non porteranno verso una nuova distruzione.
La risposta alla domanda è da ricercare nella “Pianificazione urbanistica” come centro di ogni azione. A Londra si recuperano idee di de-localizzazione e di città giardino per proporre new towns autonome.
Quest’attenzione alla pianificazione urbanistica determina un Azzeramento dell’Architettura.
I principi cardine del funzionamento internazionale e della Carta d’Atene si applicano a grandi scelte di ricostruzione della città. In Francia si tenta di inventare sistemi prefabbricati di costruire per abbassare i costi. In Italia si applicano i principi del funzionalismo ma poi si cerca di realizzare impianti mossi e articolati sempre nel rispetto degli standard.
Nonostante questo sviluppo dell’Urbanistica, come possibile soluzione alla situazione di distruzione, rimane il problema di coniugare la ricerca architettonica ed espressiva al nuovo bisogno di significato.
I personaggi chiave sono Le Corbusier e Louis Kahn.

Architettura come necessità
L’Architettura risponde al massacro delle fosse ardeatine (Roma, 24 marzo 1994) con un opera che vuole rappresentare la strage in maniera scientifica (1 soldato tedesco = 10 italiani), vuole esorcizzare il dolore ma non vuole essere un monumento come tanti.
Il dolore viene innalzato al cielo con tutto il suo peso.

[Mausoleo fosse ardeatine: pag. 81-82.83 http://www.flickr.com/photos/archimap/page82/]

L’opera è sconvolgente, le bare rappresentano un uomo divenuto macchina, l’enorme masso posto sopra di esse pesa e schiaccia il dolore e la luce circoscritta ad un asola indica un orizzonte impossibile, ridotto a semplice astrazione.
In questo contesto  vi è la riconquista di un umanità, non più della macchina ma dello strazio e della sofferenza. L’uomo non è più macchina, torna tale solo morto e dilaniato.
Bruno Zevi è il compagno di strada del Mausoleo delle fosse Ardeatine che è un capolavoro di tutta l’architettura del secolo perché apre la strada a quel sentimento brutale di Ricominciare.

Le Corbusier e la mano alzata
Le corbusier guarda in più direzioni. Da una parte sente il bisogno di “regolare” e lo fa attraverso il Modulor (un uomo normalizzato ma mobile), dall’altra si apre ad un rilancio espressivo e lo si vede nella mano aperta.


Questi opposti porteranno all’Unitè d’habitation.

L’unité e il Brutalismo
L’idea fondamentale di Le Corbusier è un modello urbano, complesso e integrato, costituito da blocchi puri e astratti di dimensione conforme per contenere al loro interno i servizi di prima necessita.

A Marsiglia, il progetto si basa sulla combinazione di alloggi di varie dimensioni e di servizi compresi in un unico parallelepipedo. Questa soluzione da forma a principi legati gli uni con gli altri. Questa macchina da abitare si appoggia su potenti piloni e determina sulla terrazza una serie di forme plastiche che danno origine ad un passaggio artificiale.
L’azzeramento del linguaggio ai minimi termini, l’uso del cemento armato grezzo e al colore puro nelle logge indica una possibile strada per Ricominciare.
Nasce da quest’opera il termine BRUTALISMO.
Il simbolo di questa parola sono: “La scuola media a Hunstanton 1949-54”, di Alison e Peter Smithson, che rivela i volumi dell’organizzazione planimetrica,  fa vedere gli impianti e la struttura, mostra i materiali “così come sono”; “l’istituto Marchiondi” a Milano dove la volontà di essere brutali assume una forza plastica.

Alison e Peter Smithson, scuola media, Hunstanton 1949-54

 Vittoriano Viganò, Istituto Marchiondi, Baggio 1953-57



13.Funzioni diverse: Wright, Aalto, Gropius e Mies

La funzione spazio
Lo sforzo di rifondazione di Le Corbusier e dei brutalisti inglesi, il senso di Ricominciare trovano come personaggio di massimo spicco Wright che scopre come muovere le sue griglie sul piano curvo ed ellittico.
Wright pone al centro del proprio operare una ricerca di corrispondenza tra spazio interno e la funzione attraverso un indagine creativa e inventiva. Simbolo di questo agire è il Guggenheim di New York.

 Frank Lloyd Wright, Museo Guggenheim, New York 1943-59

Il museo su basa sul concetto di Percorso, sostituendo alle stanze una rampa continua, un percorso che si avvolge attorno al grande cavo interno e si ripercuote in volumi esterni a conchiglia.
L’edificio diventa un grande spazio-organo.
Le scelte costruttive, plastiche, dell’organizzazione espositiva di Wright sono mirate a rafforzate un innovativa modalità di funzionamento.

Organigramma
Walter Gropius organizza la sua progettazione in uno sforzo di corrispondenze tra requisiti richiesti dal programma e le soluzioni architettoniche. Gli organigrammi sembrano riversarsi nelle planimetri dei suoi edifici.
Questo processo gli permette di creare opere solide ma lontane dalla domanda di rifondazione di questo periodo.
Aalto ricerca nuove spazialità, come Wright, ma operando interstizialmente rispetto al tema della funzione. Così facendo arriva a soluzioni innovative eliminando ogni  schematismo da organigramma funzionale dei suoi edifici. A Boston realizza dormitori studenteschi confrontandosi con quelli realizzati da Le Corbusier e modificandoli con invenzioni organizzative. Il risultato è di ordine plastico in quanto i corpi in oggetto danno profondità e ricchezza all’edificio. Rende più efficciente il meccanismo distributivo ed il corridoio crea luoghi di incontro.
Aalto realizza 2 opere neo-intimistiche: il municipio di Saynatsalo” e la propria “casa sul lago” a Muuratsalo, lavorando su configurazioni primarie come la corte.
La casa è anche ricerca con la natura. Tutti i rapporti sono giocati sulla mediazione, una sua parola che diventa “arma di progetto” dalle disposizioni planimetriche al dettaglio.

Il paradigma vincente
Mies abbandona il sistema da lui creato di creare spazi interconnessi tra esterno ed interno per uno Spazio indifferenziato. Elabora la teoria del meno è più.
Lo spazio non è più totale, fluido, ma universale e assoluto vale a dire indifferenziato, sempre uguale a se stesso a prescindere dalle situazioni.
La parola chiave di Mies è spersonalizzare, infatti egli sostiene che non è la funzione a dettare l’organizzazione della pianta, bensì bisogna fare spazio per qualunque funzione.
La funzione per Mies non è ne evento creativo come per Wright, ne quantità da organizzare razionalmente come Gropius, ne fonte di ricerca di soluzioni come Aalto, bensì è un dato indifferenziato ed inarticolato.


14.Louis Kahn e le istituzioni dell’uomo

Rifondazione
Louis Kahn basa la usa architettura sulla domanda di significato e sul bisogno di rifondazione e azzeramento. Il ragionamento sul funzionamento, la comprensione attenta dei dati oggettivi del programma determina la forma.

Le domande: istituzione versus funzione
Alla soglia dei 50 anni, Kahn si rimette in gioco, ponendo alla base del suo operare un investigazione critica, cerca ragioni, significati, si interroga trovando nuove risposte.
Il significato per Kahn non è legato all’idea assoluta, all’ottimizzazione funzionale, allo sviluppo di un individuale invenzione spaziale ma è legata al brutalismo di Le Corbusier nei materiali, nelle forme austere, nella tensione a ricominciare.
Kahn cerca le ragioni dell’edificare come un atta sociale e collettivo come segno permanente dell’uomo.
Kahn individua nel termine “istituzione” la chiave della sua poetica. Lo usa per indicare i bisogni primari, scandibili dalla società che sono legati alla forma. È obbligo per l’edificio esprimere questo concetto. Solo dopo aver concepito la forma è possibile concentrarsi sugli aspetti secondari. La form risponde al perché delle scelte, il design articola il come.
La forma segue il significato.


La riscoperta della stanza
Kahn parlando della “pianta palladiana” descrive come pianta e spazio sono un tutt’uno. Infatti è la stanza l’origine dell’architettura  in quanto attorno ad essa la funzione trova il suo voler essere.

Louis Kahn, Yale Center for British Art, 1969-74

Le architetture di Kahn a differenza di quelle classiche, vengono rivestite con materiali duri.
Nei diversi moduli spaziali, la struttura, la luce, i materiali sono rilevati. Questa operazione associa kahn ai brutalisti. Il fatto che i diversi ambienti e le diverse componenti della costruzione persistono nella loro autonomia conferma la necessità dello stare insieme coesivamente.
La struttura non è più griglia ma deve sagomare l’invaso. Vengono reintrodotti il valore del muro pieno, del setto, della colonna, dell’attacco a terra, della copertura non trattandoli come rigidi sistemi trilitici.
La luce è la materia che rivela la forma, la direzione svela il valore simbolico dello spazio.


Le opere e il tipo
Il progetto non inizia con lo studio dei percorsi, della divisione tra zona giorno e notte, diventano requisiti, esiti di un processo che parte da altre domande.
Il principio della centralità della stanza lo si vede a Ewing nei “padiglioni delle comunità ebraiche”, nel “museo di Yale” e nelle “torri laboratori Richards” dove Kahn applica la divisione tra spazi serventi e serviti.
La ricerca del significato non porta ad un impianto bloccato ma ad un articolazione delle diverse necessità e dei diversi momenti dello stare insieme (Chiesa Unitaria). Attraverso processi di sovrapposizione torna la parola “tipo” che diventa una memoria storica della geometria.
La storia torna ad essere ricerca delle ragioni e configurazioni adottate dagli uomini per stare insieme.


Il buco nero
Per Kahn forma è funzione. Il progetto è la ricerca di sintesi protesa ad un significato superiore. La progettazione si trasforma in una ricerca di coesività profonda:
forma è funzione……è costruzione!

Louis Kahn, Salk Institute, La Jolla 1959-66 




15.La liberazione della forma

La costruzione
Nella metà degli anni 50 vi è un notevole sviluppo del cemento armato precompresso sia dal punto di vista operativo che di ricerca architettonica.
Il cemento armato viene considerato un materiale plastico che consente la creazione di forme pregnanti.
La precompressione è una tecnica che migliora l’efficienza derivata dall’accoppiamento di cemento e acciaio, consiste nell’esercitare una tensione opposta a quella cui sarà soggetto il ferro sotto sforzo. È un metodo per diminuire le sezioni e creare forme dinamiche. La struttura scatolare, puntiforme, fa posto ad una struttura plastica che sagoma e ingloba gli spazi.
Avviene la liberazione della forma.


Morandi e Torroja
Torroja ha la capacità di legare il ragionamento alla forma con la conoscenza delle modalità realizzative e di calcolo.
L’ingegnere è un creatore che si basa su intuizioni spaziali che verifica con il proprio sapere. La sua opera e la sua mente illuminano la realtà con nuova luce.
Il metodo del calcolo permette all’ingegnere di dare forma concreta alla proprie intuizioni. Non opera per verifica ma per forma.
Torroja nelle sue opere sfida la gravità con soluzioni spesso anticonvenzionali.

 Eduardo Torroja, Ippodromo Zarzuela, Madrid 1935

Morandi a differenza di nervi che realizza un architettura rassicurante, realizza opere che danno l’impressione di crollare da un momento all’altro. Congela l’attimo che rpecede la caduta.
Nel padiglione a Torino Esposizioni del 1959 è evidente la parola chiave dell’architettura di Morandi: EQUILIBRIO! Ogni tentativo di distinguere tecnica e arte risulta vana.


Saarinen: “magie” strutturali
Eero Saarinen, figlio di Eliel Saarinen, nella “cappella” e nell’ “Auditorium Kresge” a Cambridge crea la prima costruzione a guscio in cemento armato. Nella “Cranbook Accademy of Art a Bloomfield Hills” ,invece, pone al primo posto le relazioni tra edificio e spazio aperto.
La filosofia di Saarinen sembra essere “per ogni progetto un idea” affrontando ogni volta il tema ricominciando per nuove strade.
Il “terminal della TWA” fornisce la spiegazione del suo interesse verso la forma plastica e organica delle strutture.
Grazie alla presenza di Saarinen, come giurato, nell’Auditorium di Sydney, la forma si libera nello spazio ma verrà svincolata dalla funzione.


Jorn Utzon
Utzon ebbe l’intuito, l’intelliggenza ed il coraggio di fare dell’auditorium di Sydney un simbolo. Il monumento rappresenta il matrimonio uomo-terra e la tensione simbolica è verso il cielo, il mare, i venti della baia
 Jorn Utzon, Opera House, Sydney 1956-73

L’Opera House interpreta la tensione allo slancio dinamico attraverso nuove forme.
Utzon oltre ad avere interesse verso forme naturali del volo è interessato all’uomo nelle sue diverse manifestazioni sociali. Non va dimenticato che per Hutzon bisogna sostituire un metodo sperimentale e una ricerca eterogenea di suggestioni alle certezze ideologiche precedenti.
L’Opera è un simbolo. Vi si riconoscono gli abitanti, i visitatori, la città, il continente.
I gusci sono il segno di una liberazione. La loro ragione è forma non funzione.


Un cambiamento di prospettiva
Il tema del significato ha avuto diversi passaggi. Ha iniziato con la forza drammatica e rifondativa del dopo guerra (Fosse Ardeatine). Poi è passato per i Brutalisti per arrivare a Mies nello spazio assoluto e universale e a Kahn che opera un tentativo di coesione unitaria dell’architettura centrando sull’identità di forma, funzione e costruzione in una ricercata configurazione archetipo.
In conclusione il processo tende a liberare la forma in nuove direzioni.
Liberata la forma, l’architettura ripone al centro del proprio programma il racconto.
Le Corbusier nella “Cappella di Ronchamp” demolisce tutti i 5 punti enuinciati negli anni ’20. Nel “Padiglione elettronico della Philips” a Bruxelles mette in scena la prima reppresentazione multimediale della storia dell’architettura.
Sembrerebbe che il motto di Saarinien “ad ogni progetto una soluzione” venga preso da Le Corbusier.
In questo periodo non vi è più una teoria da applicare ma un ipotesi da porre a verifica con i fatti. Ci si fonda su domande e solo interrogandosi sul mondo e sulle cose si può cercare il significato.


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